Scorri fiume,
sovrasta la diga,
supera gli ostacoli.
Segui la strada solcata da parti di te
prima di te,
e come ultimo salto
lanciati verso l’ignoto,
non per perire,
ma per continuar
a vivere.
A mia figlia
La prima volta che ti ho vista sembravi un fagottino avvolta in una stretta copertina gialla.
Un pulcino, ma un po’ più grande.
Il visino sereno, gli occhioni aperti a scrutare quel mondo che a breve avresti dovuto affrontare.
Un mondo a volte cattivo, altre meno, ma da vivere.
Ti ho avvolta tra le braccia, ho sentito il tuo profumo, ti ho fissata negli occhi.
Non potevi muoverti, ma sorridevi già .
In quel momento, in quel preciso istante – come un’onda di tsunami – ho compreso cos’è l’amore.
L’amore incondizionato.
L’amore a senso unico.
L’amore donato gratuitamente.
L’amore consapevole di rimanere tale nonostante le sciocchezze inevitabili che farai, nonostante i momenti in cui mi odierai, nonostante non avrai tempo da dedicarmi, nonostante un giorno non sarà più una tua priorità .
Nonostante tutto, io sarò sempre lì, a tenerti la mano, a sorreggerti, ad amarti.
Perché l’amore incondizionato è così: non necessariamente corrisposto.
Perché l’amore incondizionato è così: non tradisce.
Perché l’amore incondizionato è così: presente, sempre.
E quando l’amore incondizionato giunge nella tua vita comprendi di dover fare un passo indietro.
Un passo indietro per permettere a te, Meli, di guardare avanti avendo la sicurezza di avere le spalle al sicuro.
Per questo, piccola mia, ti assicuro è stato questo il passo indietro più dolce che abbia mai fatto.
Pensieri e parole
La comodità di non chiudere occhio è quella di dare spazio ai pensieri in totale libertà .
Potranno essere pensieri frivoli, delicati, sconci, profondi, ma saranno comunque pensieri liberi e il più delle volte ingombranti.
Hanno un difetto i pensieri: sono inconsistenti, immateriali, circoscritti.
Sono racchiusi nel loro bel recinto d’oro rinforzato, galoppano, saltano, compiono mille evoluzioni, ma rimangono chiusi lì incapaci di oltrepassare la linea che li separa dalla realtà .
Hanno anche dei pregi, ti permettono di accrescere l’ego:
“domattina farò questo e quello…”;
ti permettono di trovare il coraggio che normalmente manca:
“domattina gliene dirò quattro…”;
ti permettono di pianificare strategie da far invidia ai più grandi Generali:
“domattina se succede ciò risponderò con questa azione inaspettata da tutti…”;
ma ahimè essendo pensieri, solo pensieri, perderanno di valore con le prime luci dell’alba.
Un po’ come i sogni, aperti gli occhi ci si dimentica il più delle volte di aver sognato, di aver vissuto una seconda vita mentre le palpebre chiuse, al buio, ci proteggevano dalla realtà .
Forse sogni e pensieri fanno parte della stessa famiglia.
Forse sono addirittura fratello e sorella.
E forse non sono neanche soli, perché potrebbero avere un altro fratello o sorella:
le parole.
In effetti nel momento in cui le parole si comportano come i pensieri o come i sogni – svanire al mattino, perdere di valore a fine giornata, dimenticarle – non sono altro che sogni o pensieri.
Un modo diverso di rappresentare la stessa identica cosa: inconsistenza, immaterialità .
Sono sinonimi, fratelli, figli degli stessi genitori.
Eh già .
Ma se pensieri e sogni rimangono all’interno della nostra testa e non possono provocare danni, le parole quando investono gli altri ci identificano, ci disegnano, ci collocano all’interno della società come soggetti affidabili o meno.
Se affidiamo le parole a qualcuno come fossero dei pegni senza riscattarle con i fatti, avranno perso le parole di valore e noi di credibilità .
Le parole, se rimangono vuote, non sono altro che foglie secche portate dal vento, puoi vederle, sentirle, ma se cerchi di acciuffarle ti sfuggiranno dalle mani o si ridurranno in mille pezzi lasciandoti solo l’amarezza di averci provato e l’illusione di averci creduto.
Perché alla fine potremo pensare, sognare, raccontare, ma prima o poi dovremo vivere, e se viviamo in un modo raccontandolo in un altro, beh, signori miei avremo sbagliato tutto.