Tra le mani un accumulo di carta sporcata dai pensieri di un signore con qualcosa da dire.
La pelle riscaldata dal calore proveniente dalla vicina stella – madre della nostra stessa vita. –
Le orecchie piene del canto delle onde del mare mentre lottano tra loro: incapaci di rassegnarsi alla sconfitta.
La sabbia morbida, ma compatta, sostiene il corpo, mentre i pensieri vagano liberi per campi ben coltivati.
Il piacere del sapere di non dover compiere azioni legate solo ad obblighi stabiliti da un pezzo di carta straccia.
Il benessere: omaggio di tutto questo, la scelta: volersene appropriare.
All’interno di questa cornice, una donna in lontananza.
Si avvicina con passo lento e costante calciando qualcosa di impossibile da riconoscere.
“Ma, da questo punto si ha l’impressione di essere su di un isolotto al centro del mare! Ti spiace se siedo anche io qui?”
“Fa’ pure.”
Il corpo esile ma ben proporzionato, lunghi capelli neri resi lucenti dalla luce, occhi azzurri illuminati dalla evidente voglia di vivere, viso dai dolcissimi lineamenti.
Seduta con le gambe stese, dopo aver spostato le mani dietro le spalle e sollevato il viso:
“sai, ho perso una persona importante.”
“Dov’è andata?”
“Non è importante dove, ma non c’è più.”
“E’ un bene o è un male?”
“Un necessario. Mi logorava l’anima, il cuore e la mente”
“Com’è andata via?”
“Rumorosamente e continua a far rumore, incessantemente, dovrei proteggere il mondo da lei.”
“Non farlo, il rumore assorderà chi le orbita attorno e fuggirà come una lepre inseguita da una volpe.”
“Come fai a esserne certo?”
“Chi dice di esserlo. Ma se immagini il rumore come fosse una candela accesa, brucerà e si consumerà fino a spegnersi – lascia al tempo di compiere il suo mestiere – e ci sarà il buio nel suo recinto.”
“Ma nel frattempo sporcherà di cera calda chiunque ci sia attorno a tenerla per mano.”
“Chi si macchierà e deciderà di pulirsi gli occhi vedrà nitidamente il buio lasciato da una candela ormai spenta. E in quel momento capirà di essersi trovato vicino ad un oggetto capace di bruciare se stesso e imbrattare gli altri.”
Sbilanciandosi in avanti, voltò lentamente il viso fissandomi con i suoi grandi occhi sereni:
“tu chi sei?”
“Uno sconosciuto.”
“Non si parla agli sconosciuti.”
“Non lo abbiamo fatto.”
“E’ stato bello non parlare con te. Ciao.”
Si alzò in piedi e si allontanò dando le spalle al mare.
Pregiudizio
Non possiamo conoscere tutti, fortunatamente.
Durante il lungo cammino, purtroppo breve per alcuni sfortunati, percorso sul mucchio di terra calpestato ogni giorno, ci imbattiamo in persone nuove.
Sconosciuti fino a quel momento.
Molti continueranno ad esserlo.
Una piccola parte, al contrario, condividerà con noi un pezzo di strada, qualche passo o un lungo tragitto.
Alcuni ci guarderanno da lontano.
Altri ci accompagneranno per mano.
Questi ultimi, forse, saranno persone scelte da noi.
Ma prima di scegliere, di condividere, saremo costretti a passare dal solito rituale.
Una stretta di mano, energica o fiacca.
Un sorriso, il più delle volte finto e di circostanza.
Un avventato scambio di nomi, in cui le voci sovrapposte e quasi mai comprese fanno da sfondo ad uno sconosciuto, passato dalla parte opposta della barricata.
Ed è in quel momento, in quei pochi secondi che si forma dentro di noi un giudizio sommario.
In quel preciso istante cataloghiamo il nostro nuovo vicino.
Gli appiccichiamo in fronte un adesivo con appuntato un aggettivo che lo descriverà in quel modo, quasi per sempre.
Simpatico, antipatico, carino, viscido, interessante… e avanti così con tutti gli aggettivi possibili.
Raramente strapperemo quell’adesivo per sostituirlo con quello reale o meglio, quello più appropriato.
Non ci sono motivi precisi per farlo, lo facciamo e basta.
Ci affidiamo a questo strano senso.
Il sesto.
Confidiamo in lui e nella sua innata capacità di non commettere errori.
Ci mette in allerta, così come ci dice sottovoce “non sembra pericoloso”.
C’è chi si fida ciecamente, chi cerca in tutti i modi di zittirlo, non considerarlo, ignorarlo, ma sarà sempre lì a sussurrarci “te l’avevo detto”.
Ha sempre ragione lui.
Ma l’errore è dietro l’angolo, anche per chi non sbaglia mai.
Anzi il tonfo sarà più fragoroso, rumoroso, duro e farà più male.
Perché quando l’adesivo è sfacciatamente sbagliato e la fiducia riposta nel sesto senso è marcata, la ricetta per la tempesta perfetta è servita.
Ti privi della possibilità di farti influenzare da qualcuno per cui ne sarebbe valsa la pena.
Ti privi della possibilità di imparare da quel qualcuno.
Ti privi della fortuna di crescere con chi è migliore di te.
Ma la batosta la prendi e la senti quando ormai quel qualcuno è di spalle e sta andando via per la sua, di strada.