Dall’interno della stanza, appena illuminata dai pochi raggi di sole rimasti, ammira, seduta sulla vecchia poltrona, le ombre dei rami spogli, riflessi sulla terra riscaldata dall’ultima giornata autunnale. La mente, libera, danza sulle punte accompagnata dalle note librate in aria – suonate dal pianoforte dei ricordi. – Il corpo, prigioniero di se stesso, guarda l’anima fuggita oltre il vetro. Siede sul davanzale, con le braccia attorno alle gambe. Attende. Un altro giorno è passato. Un altro tramonto sta per lasciare il posto ad una nuova oscurità . Un altro pezzo di speranza ha abbandonato il tavolo, apparecchiato per due, rimasto anche oggi vuoto.
Questo racconto è stato analizzato dalla scrittrice Maggie van der Toorn che lo ha valutato così:
Ci speravi molto? Be’ non si può fare a meno di sperare, vero? Già, no. Ma secondo me è proprio la speranza quella che ti dà il colpo di grazia, ti fa soffrire più della cosa che va storta in sé.
L’amore vive finché si fanno progetti e sogni in suo nome, finché si coniugano i verbi al futuro, finché coloro che si amano non smettono mai, almeno un po’, di mancarsi.
Poi lei si rigirò su un fianco, posò il capo sul mio braccio. La guardai. Tutto il cielo e la terra si specchiavano nei suoi occhi. Seguitammo a guardarci. Mi pareva che avrei potuto annegarci nei suoi occhi. Poi l’accarezzai sul viso, ci baciammo, la trassi a me. La strinsi. Con l’altra mano le frugavo fra i capelli. Fu un bacio d’amore, un lungo bacio di puro amore.
La tristezza è causata dall’intelligenza. più comprendi certe cose, e più vorresti non comprenderle.
Quando Dio creò l’amore non ci ha aiutato molto. Quando Dio creò te distesa a letto sapeva cosa stava facendo, era ubriaco e su di giri e creò le montagne e il mare e il fuoco allo stesso tempo, ha fatto qualche errore, ma quando creò te distesa a letto fece tutto il Suo Sacro Universo.
Io l’amavo. Amavo lei e i suoi capricci, il suo viso, la sua voce da puttana innocente. Succedeva sempre così: potevo scappare e riempirmi la vita di sogni, ma quando lei non c’era, quando lei smetteva di sfiorarmi, cazzo, quando lei non mi sfiorava più, io sfiorivo.
Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o essere felice, bevi per fare accadere qualcosa.
Cominciai a sentire lo stomaco che andava su e giù. Mi sentivo male, mi sentivo inutile, triste. Ero innamorato di lei
Correva. Un leggero abito blu la vestiva senza stringere, ne accarezzava i confini del corpo. Ricadendo creava morbide onde leggere. Il blu mescolato con una manciata di toni chiari ne smorzava la rigidità , lo trasformava da notte in alba. Una cascata di fiori bianchi l’adornavano facendone avvertire la freschezza. Le mani tenevano alti gli orli per non intralciare i movimenti del corpo e aprendo, così, qualche spiraglio verso le gambe affusolate. Correva su un lago bianco di polvere compatta fatto di ghiaia. I grandi alberi, dall’alta chioma maestosa nati su uno dei lati – quello che guarda al sole la mattina – non riuscivano a gettare l’ombra tanto in là da investirla. Era immersa nella luce. I lucenti capelli neri scontrandosi con i raggi del sole creavano illusioni di viola. Le coprivano appena le spalle, mentre un piccolo fermaglio ne raccoglieva una manciata come un abbraccio, creando una piccola coda, una sorella minore, che ricadeva al centro. Voltava il viso cercando di guardare oltre le spalle. I grandi occhi azzurri, color del mare su una spiaggia bianca, si scontravano con la terra dei miei, mentre il viso sprigionava vita. Le labbra porpora disegnavano il sorriso di una luna nuova, ne stagliava l’estremità verso l’alto. Le labbra porpora leggermente aperte lasciavano libera di muoversi la felicità del momento. Correva. Correva in direzione del sole, verso l’orizzonte, libera. Mentre si allontanava si è voltata, cercando di guardare indietro, ma voleva correre. Ardeva dentro di lei, spinta da una forza sconosciuta, la necessità di correre. Correva, mentre io ero fermo, e il distacco si dilatava, e i due corpi si separavano, e lei sorrideva, ma correva. Ho allungato il braccio, con la mano aperta cercando di stringerla, ma cingevo l’aria. Riuscivo ad afferrare solo la figura minuta che si allontanava, ma era priva di consistenza. L’ho vista svanire inghiottita dalla luce del sole, ha raggiunto la sua meta. Correva.
Chi indossa una veste di porpora che nessuno vede? Chi usa vasellame d’oro per un pasto senza convitati? Chi, standosene tutto solo in campagna, sdraiato sotto un albero, fa sfoggio del suo lusso? Nessuno fa grandi spese per la sola soddisfazione dei suoi occhi o di pochi familiari; ma ognuno mette in mostra le proprie viziose raffinatezze in proporzione del numero degli spettatori. È così: tutte le nostre follie trovano un incentivo nel fatto che qualcuno possa ammirarle e conoscerle.
Rammaricarsi dell esperienze fatte, vuol dire arrestare il proprio sviluppo; negarle equivale a mettere una menzogna sulle labbra della nostra vita. Sarebbe come rinnegare l’anima.
Scorri fiume, sovrasta la diga, supera gli ostacoli. Segui la strada solcata da parti di te prima di te, e come ultimo salto lanciati verso l’ignoto, non per perire, ma per continuar a vivere.