Usato

Svuotato nel corpo,
privato dell’anima
si accascia al suolo
per divenire ciò
che non potrà mai essere.

Non diverrà terra,
non rimarrà uomo.

Non viaggerà tra i ricordi,
di chi,
dimenticandolo,
ha lasciato
che rimanesse
nessuno.

Tavolo per due

Dall’interno della stanza, appena illuminata dai pochi raggi di sole rimasti, ammira, seduta sulla vecchia poltrona, le ombre dei rami spogli, riflessi sulla terra riscaldata dall’ultima giornata autunnale.
La mente, libera, danza sulle punte accompagnata dalle note librate in aria – suonate dal pianoforte dei ricordi. –
Il corpo, prigioniero di se stesso, guarda l’anima fuggita oltre il vetro.
Siede sul davanzale, con le braccia attorno alle gambe.
Attende.
Un altro giorno è passato.
Un altro tramonto sta per lasciare il posto ad una nuova oscurità .
Un altro pezzo di speranza ha abbandonato il tavolo, apparecchiato per due, rimasto anche oggi vuoto.

Questo racconto è stato analizzato dalla scrittrice Maggie van der Toorn che lo ha valutato così:

Tormenti

Occhi vagano tra le tenebre
alla ricerca di luce,
l’assenza di rumore
amplifica le urla dell’anima,
i pensieri compressi:
sono schiacciati dal peso della ragione.
Le emozioni
rotolano sul pavimento dell’incertezza.
La pace,
smarrita,
alla ricerca di se stessa,
dichiara guerra
ai sentimenti caduti nella palude
dell’infelicità .

Alda Merini

Se cerchi un tesoro devi cercarlo
nei posti meno visibili,
non cercarlo nelle parole della gente,
troveresti solo vento.
Cercalo in fondo all’anima
di chi sa parlare con soli silenzi.

Dovrei chiedere scusa a me stessa per aver creduto sempre di non essere mai abbastanza.

Abbiamo fame di tenerezza, in un mondo dove tutto abbonda siamo poveri di questo sentimento che è come una carezza per il nostro cuore. Abbiamo bisogno di questi piccoli gesti che ci fanno stare bene… la tenerezza è un amore disinteressato e generoso, che non chiede nient’altro che essere compreso e apprezzato

A volte il silenzio dice quello che il tuo cuore non avrebbe mai il coraggio di dire.

Cerca di accettarti così come sei. Non cambiare per piacere agli altri. Chi ti ama accarezzerà le tue insicurezze. Chi vorrà starti accanto si accoccolerà alle pieghe della tua anima. Sii te stesso sempre. Fatti un dono vero resta come sei.

Io sono con te in ogni maledetto istante che ci vuole dividere e non ci riesce.

Amare è rischiare di essere rifiutati.
Vivere è rischiare di morire.
Sperare è rischiare di essere delusi.
Provare è rischiare di fallire.
Rischiare è una necessità.
Solo chi osa rischiare è veramente libero.

Luciano de Crescenzo

I bei ricordi non scompaiono mai.
Nel peggiore dei casi si addormentano nei sotterranei dell’anima…
…salvo poi risvegliarsi all’improvviso quando sentono il motivo di una vecchia canzone.

Bolle di sapone

Interminabili giornate di pioggia.
Lunghe e infinite ore passate con il viso rivolto verso il basso a proteggersi da una miriade di piccole gocce d’acqua.
Ore in cui lo sguardo è rivolto in direzione dell’unico palcoscenico visibile: le punte delle scarpe.
Un film muto e sempre uguale, una pellicola con pochi fotogrammi ripetuti milioni di volte.
Incessanti ore passate a cercare e usare scudi, ripari, pelte sempre diverse per non farsi colpire dal freddo, dall’acqua, dalla malinconia trasportata dai colori grigi del brutto tempo.
Nonostante questo accorgimento, nonostante la chiusura in se stessi, nonostante si metta in atto qualsiasi stratagemma per non farsi colpire, c’è sempre la gocciolina priva di sensibilità , senza umanità , quella capace di trafiggerti alle spalle come una pugnalata, insinuandosi sull’unico punto debole scoperto: il collo.
Arriva come un fulmine a ciel sereno il brivido freddo in grado di percorrere la lunga autostrada della schiena.
L’inaspettato all’improvviso.
Costringe a fare i conti con i brividi su tutto il corpo, imprecare contro la malasorte, accusata giustamente di punire sempre senza far mai la cortesia di avvertire prima.
Per fortuna, a volte sfortuna, nulla dura per sempre ed oggi le nuvole hanno terminato il loro carico di rabbia, e non potendo continuare a sostenere la battaglia, prive di munizioni, hanno deciso per una ritirata strategica.
Bandiera bianca per loro.
“Ragazzi scappiamo, siamo senza armi, tutti alla base!”
Per questo motivo, come tanti piccoli funghi nati a settembre vengono allo scoperto un esiguo numero di teste, per moltiplicarsi in un secondo momento, in una marea di esseri umani increduli davanti alla ritrovata benevolenza del Dio Giove.
Uno sconfinato dipinto di volti rappresentanti la medesima espressione: incredulità .
In mezzo a queste facce scioccate, una piccola testolina piena zeppa di riccioli d’oro, incurante di tutto, fa capolinea in un minuscolo angolo di giardino.
A lei interessa solo poter riprendere a giocare fuori dalle quattro mura di casa che l’hanno tenuta prigioniera fino a quel momento.
Vuole sfruttare ogni secondo di quella pausa dal maltempo.
Stringe nella piccola mano sinistra un contenitore di plastica riempito fino all’orlo con un miscuglio di acqua e sapone ed in quella destra un’asticella, della stessa lunghezza del contenitore, con all’estremità  un cerchio zigrinato.
Saranno le sue armi per sconfiggere la noia padrona del tempo fino a quel momento.
Arma non convenzionale; ho visto tanti adulti usarla e divertirsi, così come ho visto persone usare quell’arma per trasformala in oggetto per professionisti.
Pochi ingredienti per creare oggetti effimeri: bolle di sapone.
Sfere dalle dimensioni differenti: piccole, medie, grandi.
Dai colori simili: iridescenti con sfumature cangianti, caleidoscopiche, in virtù della luce che attraversa la superficie.
In grado di volare, di cadere immediatamente al suolo o poggiarsi per qualche secondo su di un supporto rigido con il capriccio di sostenerle.
Perfino capaci di contenere altre sfere all’interno di se stesse, un sogno all’interno di un altro sogno.
Sfere che tutti cercano di toccare, non mentite anche voi non resistete al desiderio di acciuffare una bolla di sapone quando ve la ritrovate a volteggiare davanti al naso.
Nonostante tutte queste differenze le bolle di sapone hanno una proprietà  comune: divertono, piacciono a tutti grandi o piccini, ma soprattutto sono belle.
Belle nella miriade di colori capaci di sfoggiare.
Belle nelle emozioni in grado di esaltare.
Belle nella magia della spontaneità  di riuscire a far ritornare bambini.
Ma tutta questa bellezza ha un prezzo da pagare: il tempo.
Il tempo a loro concesso è limitato, laconico, stringato.
E’ una regola universale dettata da chi ha creato il mondo: “una cosa bella deve essere limitata nel tempo, mentre se è brutta le sarà  concesso tutto il tempo desiderato.
Più è lungo meglio è, così è deciso !”
Una regola di una crudeltà  infinita con lo scopo unico di non far abituare alla bellezza.
Le bolle di sapone però possono essere ricreate quasi all’infinito e la loro bellezza può essere rivista, goduta nuovamente, mentre altra forma di bellezza che bolla non è, una volta esplosa non potrà  più essere ricomposta.
Lascerà  il magico ricordo per aver avuto la fortuna di vederla, provarla, viverla, ma si dovrà  fare i conti con l’amaro in bocca e il freddo nell’anima di non poterla più avere.

Il lago

Un lago: fuori dai confini.
Una fila d’anatre: spezza lo sguardo.
Due cigni: osservano ciò che visibile non è.
Il pensiero: in una sola direzione.
Il cuore dice all’anima: respira.